Storia della Serie A, da quando e come è nata ai giorni nostri

 

Quando parliamo di sport la mente vola subito al calcio. Che siano uomini o donne, le persone sono innamorate di questo gioco che tanto in America del Sud, quanto in tutta Europa e in particolare in Italia fa divertire e fa anche un po' sognare. Chi di noi da bambini non ha mai sognato di diventare un calciatore o di indossare almeno una volta nella vita la magica maglietta azzurra della nazionale.

 

Per quanto concerne le origini generalizzate su scala internazionale, si fanno ricondurre all’Inghilterra del XIX secolo. Con il nome di football lentamente il gioco prese quota nel resto d’Europa e anche oltreoceano per arrivare fino ai giorni nostri, con una fama senza precedenti nella storia degli altri sport.

 

 

Gli italiani si sono subito innamorati del tifo e di quei calci ad un pallone che negli stadi animano lo spirito e l’amore per la squadra del cuore. La nostra massima competizione è la Serie A che oggi prende il nome (per ragioni di mera pubblicità) Serie A Tim.

Ma com’è nata? Con la consulenza degli esperti di www.calciostyle.it, andremo a conoscere la storia e le origini della serie A, come si è evoluta negli anni e verso quali lidi è ormai diretta.

 

Qualche accenno sulle origini della serie A

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L’anno preciso dell’istituzione della serie A è il 1898.

Tuttavia la forma odierna, per quanto concerne caratteristiche e modalità, viene assunta nell’ottobre del 1929.

Prima di quell’anno infatti si parlava piuttosto di un semplice torneo organizzato su scala amatoriale. Veniva vissuto cioè come un gioco alla buona, fatto di gironi plurimi su base regionale, ad eliminazione diretta, al cui termine c’era in palio una coppa. Invece, nella stagione 1929-1930 si decise di creare un girone unico, detto all’italiana. Furono istituiti l’andata e il ritorno e fu ufficializzato il nome serie A per distinguerlo da altre competizioni italiane di minore importanza.

 

Le regole di gioco

Circa le regole non ci si differenzia più di tanto da quelle che conosciamo oggi, ad eccezione di alcune variazioni. Ad esempio fino all’anno 94-95 in caso di vittoria c’erano due punti e non tre come oggi. E poi ancora, l’anno 2004-2005 ha consentito la partecipazione a 16 o 18 squadre e non 20.

Il cambiamento più importante avvenuto, fondamentale e di forte impatto, ma anche rovinoso in certi aspetti, è stato però il subentro delle televisioni e delle “guerre” che si fanno per mandare in onda le partite della serie A. In passato infatti la regola era una: durante l’inverno le partite si tenevano esclusivamente la domenica alle 14:30, mentre alle 16:30 nei periodi estivi. In tal modo si permetteva ai calciatori e alle relative squadre di prepararsi, atleticamente e non, per affrontare durante la settimana altre gare (come quelle europee tipo la Champions League).

Da qualche anno a questa parte invece spesso ci si imbatte nei turni infrasettimanali, negli anticipi del venerdì e del sabato e nei posticipi del lunedì. Lo stress per i giocatori è molto più alto.

 

 

Lo Scudetto di Serie A

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Tornando all’aspetto prettamente storico, parallelamente all’istituzione della Serie A, nacque la regola per la quale la squadra che vinceva ottenendo più punti a fine stagioni guadagnava il titolo di Campione d’Italia.

Lentamente si cominciò a parlare di vincita dello “Scudetto” in quanto nell’anno 24-25 si prese l’abitudine di cucire sulla divisa del club vittorioso un segno distintivo (a forma di scudo) con la bandiera italiana.

Ma come nacque questa usanza? Secondo la storia, qualche anno prima, durante una partita di calcio amichevole giocata a Fiume tra militari italiani e civili locali, gli improvvisati calciatori italiani sfoggiarono sulle loro divise questo simbolo, uno scudo tricolore per rappresentare con orgoglio la loro patria.

Allora la città (oggi croata) era sotto il controllo di un gruppo paramilitare guidato dal poeta Gabriele D’Annunzio (il quale deluso dalle divisioni territoriali della prima guerra mondiale non aveva accettato la perdita di Fiume).

Fu lo stesso scrittore, amante di calcio e amante dell’Italia, a creare quello stemma con i colori della nazione e a farlo sfoggiare ai militari italiani in sostituzione dello scudo sabaudo. Da allora l’idea cominciò a piacere e a farsi strada ufficialmentenel mondo del calcio. Fino al 1924 quando divenne un segno di riconoscimento per la squadra vittoriosa del campionato precedente a 360 gradi.

Nel 1958 poi, Umberto Agnelli propose di aggiungere una stella per ogni dieci campionati vinti. Per questo motivo ad oggi si conta che la Juventus (squadra con maggior numero di scudetti vinti) vanti tre stelle, mentre L’Inter (unica squadra mai retrocessa e spesso vittoriosa nei trionfi nazionali) ne conta una sola. Così come il Milan che anche ne conta una.

 

 

Il campionato di calcio italiano oggi

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Sicuramente ne è passata di acqua sotto i ponti da quando la serie A ha fatto ingresso ufficialmente nei giochi italiani.

È stato un susseguirsi di sfide e di contestazioni, di gol mancati e di rimpianti. Squadre come la Juventus, la Roma, il Napoli, e le milanesi Milan e Inter sono sempre attive e “spietate” nel concorrere per raggiungere lo scudetto e per classificarsi nelle migliori posizioni dei tornei europei, dalla UEFA Champions League all’Europa League.

Se un tempo ogni squadra si contraddistingueva per i calciatori che riuscivano a farsi riconoscere e a dimostrare la loro abilità, oggi conta viceversa ancor più accalappiarsi nelle proprie squadre giocatori di classe mondiale.

Il mondo del calcio, soprattutto in Italia, si appresta ad essere uno dei tornei più duri e competitivi al mondo, in cui riesce ad emergere solo chi effettivamente ha il calcio che scorre nel DNA. Non a caso oggi la Serie A italiana viene definita a tattica difensiva prevalente, dove risulta più complicato segnare anche per gli attaccanti più in gamba.

Secondo gli esperti del settore, quello che oggi manca del passato è il sistema a gironi territoriali, forse perché troppo spesso si vedonotrionfare squadre a discapito di altre. Qualcuno dunque pensa che una divisione per territorio possa garantire una migliore distribuzione del campionato e una chance in più a tutte le squadre di salire sul podio.

 
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